Covid e infarto: la mortalità inizia a diminuire
Dopo un aumento registrato nel 2020, dovuto alla paura di andare in ospedale, arrivano i primi segnali di miglioramento
Durante i primi mesi della pandemia, abbiamo verificato un forte aumento della mortalità per infarto a causa di accessi tardivi, o a volte mancati, al Pronto Soccorso. Questa tendenza, purtroppo, si è presentata in Italia come nel resto del mondo. Oggi però c’è una buona notizia: i nostri dati confermano una inversione di tendenza nella mortalità per infarto. Se nel periodo 20 febbraio-30 marzo di quest’anno il tasso è aumentato di quattro volte, passando dal 5% al 19%, da aprile la curva ha iniziato lentamente a scendere e, se la tendenza continuasse, potrebbe riallinearsi ai valori pre-covid entro la fine dell’anno.
I primi mesi di pandemia
Proprio dal Monzino, lo scorso aprile il Prof. Antonio Bartorelli, Responsabile della Cardiologia Interventistica, il Dr. Giancarlo Marenzi, Responsabile dell’ Unità di Terapia Intensiva Cardiologica e il Dr. Nicola Cosentino, dello staff dell’Unità di Terapia Intensiva Cardiologica, sono stati fra i primi a lanciare l’allarme con uno studio osservazionale: dallo scoppio dell’emergenza Covid-19 in Italia, oltre al significativo aumento della mortalità per infarto acuto dei pazienti ospedalizzati, si è evidenziata una notevole diminuzione dei ricoveri per questa patologia perché le persone temendo di accedere in ospedale, ritardavano a chiamare i soccorsi, arrivando in Pronto Soccorso in condizioni già compromesse, che inevitabilmente rendevano meno efficaci gli interventi salvavita.
Il cambio di tendenza
“Se in epoca pre-covid il malato raggiungeva il nostro Pronto Soccorso in media dopo 3 ore dalla comparsa dei primi sintomi, questo intervallo di tempo si è dilatato fino a 7,5 ore con il diffondersi del virus. Dopo il paralizzante shock iniziale, il grido d’allarme dei cardiologi e le campagne informative di società scientifiche e ospedali sono tuttavia riuscite a frenare questa tragica escalation di decessi - dichiara il Professor Bartorelli – e le persone hanno capito che i centri cardiologici specializzati si sono organizzati per curare anche le emergenze in sicurezza. Abbiamo fatto rete a livello regionale e al Monzino, in quanto hub cardiologico (vale a dire ospedale di riferimento per pazienti cardiopatici non Covid) abbiamo creato percorsi e aree separate Covid-free, mantenendo il massimo standard di cura. Gli accessi in emergenza sono migliorati come quantità e come tempismo, ma si deve fare ancora meglio per tornare ai livelli di guarigione pre-covid. Quindi dal Monzino rinnoviamo l’appello di aprile: appena appaiono i primi sintomi che possono far pensare a un infarto acuto rivolgetevi subito al Pronto Soccorso.”
Un obiettivo per il futuro
“Durante questo periodo di grande e mai prima sperimentata emergenza – dichiara Luca Merlino, Direttore Generale Monzino - si è capito che per alcune patologie (cardiovascolari ed oncologiche ad esempio) bisogna individuare dei centri ospedalieri e dei percorsi che siano in grado di erogare un minimo “vitale” di servizi, che siano garantibili anche in periodi di forzato e inevitabile utilizzo anomalo ed emergenziale della rete ospedaliera. Mi auguro che il modello degli hub & spoke ( spoke: centri satellite con un’assistenza più limitata) o, ancora meglio, di nodi essenziali ed imprescindibili nel contesto di una rete di offerta di servizi, sia consolidato anche quando l’emergenza Covid sarà terminata con l’obiettivo di poter ottimizzare l’offerta delle prestazioni di alta specialità, perseguendo obiettivi non solo di risparmio ma soprattutto di miglioramento della qualità e della efficacia dei servizi anche favorendo lo scambio di know how e permettendo, come sta accadendo oggi nei centri hub, ai professionisti di altri centri di accedervi e di potervi gestire i loro pazienti, in un contesto più sicuro e con migliori dotazioni tecnologiche.”