Scoprire in anticipo chi è più a rischio
Gualtiero Colombo, Responsabile Unità di Ricerca Immunologia e genomica funzionale, spiega come, al Monzino, si stia cercando di capire in anticipo il comportamento delle placche aterosclerotiche nelle persone che non hanno alcun sintomo.
Nel nostro Laboratorio di immunologia e genomica funzionale stiamo lavorando per riuscire a capire quando e perché la presenza di una placca aterosclerotica all'interno di una o più arterie coronarie, che oggi non provoca sintomi alla persona che ne è portatrice, potrà causare un infarto anche a distanza di anni.
Oggi, in realtà, noi non sappiamo quale sarà il destino di quelle placche. Sappiamo soltanto che tra il 10 e il 30% delle persone nelle cui coronarie esse si annidano, entro 10 anni svilupperanno un evento cardiovascolare come l'infarto.
È chiaro che, se si potesse disporre di un test genetico che permetta di sapere se l’aterosclerosi di un paziente è del tipo che tende ad andare incontro a un evento acuto, si potrebbe mettere a punto una strategia più efficace per prevenirlo. Le domande centrali (ancora oggi senza risposta) sono dunque queste: come possiamo sapere se un dato individuo, che oggi ha una lesione coronarica iniziale e senza sintomi, domani andrà incontro a una forma grave o addirittura fatale di cardiopatia? Quale sarà, se mai ci sarà, la sua prima manifestazione clinica?
Quello che stiamo cercando di fare è di individuare le caratteristiche radiologiche, molecolari e genomiche che consentano di identificare precocemente i soggetti con aterosclerosi subclinica a maggior rischio di sviluppare un infarto miocardico a medio-lungo termine, in maniera tale da prevenire il rischio di un infarto.