Una proteina del surfattante polmonare quale potenziale marcatore diagnostico e prognostico nello scompenso cardiaco
Secondo recenti studi del Monzino, la forma immatura di una delle proteine del surfattante (la SP-B) potrebbe rappresentare un affidabile marker prognostico, polmone-specifico di disfunzione a livello della membrana alveolo-capillare nel contesto dello scompenso cardiaco.
L’individuazione di biomarcatori biologicamente significativi per la valutazione clinica non invasiva sta cambiando il modo in cui oggi viene diagnosticato e monitorato lo scompenso cardiaco. I peptidi natriuretici, BNP o NT-proBNP, che rappresentano il gold-standard per la diagnosi dello scompenso, non sono però esenti da limitazioni importanti. Per esempio, le concentrazioni di entrambi non sono di per sé sufficienti per porre diagnosi di scompenso, e valori elevati possono identificare tanto la presenza di una cardiopatia strutturale sottostante quanto un semplice aumento del rischio di malattia. Inoltre, numerosi fattori influenzano l'interpretazione clinica dei valori di tali biomarcatori, oltre all'età avanzata e alla funzione ventricolare: l'obesità, l'insufficienza renale, la fibrillazione atriale, gli agenti cardiotossici.
Di recente, sono stati proposti altri biomarcatori, ognuno dei quali riflette diversi processi fisiopatologici coinvolti nello sviluppo e nella progressione dello scompenso cardiaco: dallo stress miocardico al rimodellamento cellulare e della matrice extracellulare e cellulare, alla sindrome cardio-renale. Alcuni di questi marcatori, quali il Mid-Regional pro-Atrial Natriuretic Peptide (MR-proANP), le troponine ad alta sensibilità, il fattore 15 di crescita e differenziazione, GDF-15, e la Galectina-3, sembrano potenzialmente in grado di aggiungere informazioni di carattere prognostico al di là dei peptidi natriuretici, ma il loro ruolo nella gestione clinica del paziente è stato definito soltanto in parte e richiede ulteriori approfondimenti.
Studi recenti del Centro Cardiologico Monzino condotti dal Prof Piergiuseppe Agostoni e dalla Dott.ssa Cristina Banfi supportano invece l’ipotesi che forma immatura della proteina del surfattante di tipo B (SP-B) sia il più affidabile marker prognostico, polmone-specifico di disfunzione a livello della membrana alveolo-capillare, nel contesto dello scompenso cardiaco.
Le proteine associate al surfattante (SP-A, SP-B, SP-C e SP) sono proteine che partecipano alla composizione del surfattante polmonare nella misura di circa il 5%. Rispetto ad altre proteine proposte come possibili marker di danno polmonare, la SP-B ha alcune importanti peculiarità:
- è strettamente necessaria per la formazione del surfattante polmonare, e la sua mancanza è incompatibile con la vita;
- a differenza di altre proteine tensioattive (SP-A e SP-D), è prodotta esclusivamente dalle cellule dell’epitelio alveolare;
- il processamento proteolitico del precursore della proteina SP-B, che dà origine a molti stadi intermedi di maturazione, avviene in modo peculiare nelle cellule polmonari;
- la SP-B è immagazzinata, con i fosfolipidi del surfattante, nei corpi lamellari: il contenuto di questi ultimi è normalmente rilasciato nello spazio aereo alveolare, e la sua infiltrazione nel torrente circolatorio avviene solo in caso di rottura della barriera alveolo-capillare.
Nella cardiopatia congestizia cronica, l’SP-B immatura è strettamente correlata alla funzione alveolare-capillare e alla prognosi del paziente.
“È forse giunto il momento di traslare alla pratica clinica le osservazioni sperimentali e di impiegare il dosaggio ematico della SP-B nella clinica dello scompenso, dove l’SP-B immatura sopravanza la capacità prognostica di altri parametri correlati alla disfunzione polmonare, usati più frequentemente, quali la diffusione alveolo-capillare del monossido di carbonio (DLCO) o le condizioni cliniche generali (classe NYHA, VO2 di picco, VE/VCO2, slope ecc).
Riferimento bibliografico
- Banfi C, Agostoni P. Surfactant protein B: From biochemistry to its potential role as diagnostic and prognostic marker in heart failure. Int J Cardiol 2016;221:456-462.