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Ricerca: predire l’esito di un arresto cardiaco

È uno degli scenari resi possibili dalla ricerca nell’era della medicina personalizzata

8 Luglio Lug 2016 0000 8 years ago

L’arresto cardiaco è una condizione seria e si verifica, spesso improvvisamente, quando il cuore inizia a vibrare e battere a forte velocità senza più riuscire a pompare il sangue in tutto il corpo: solo se si interviene immediatamente è possibile salvarsi. Sopravvive più di un paziente su due, riportando tuttavia esiti neurologici irreversibili o danni tali da risultare fatali nel giro di settimane o mesi.

Nell’era della medicina personalizzata riuscire a predire come evolveranno le condizioni del paziente in seguito a un arresto cardiaco sembra una prospettiva sempre più vicina, e soprattutto utile perché permetterebbe di ottimizzare l’assistenza medica e terapeutica, indirizzando trattamenti mirati e differenti in base al profilo di ciascuno.

Una recente ricerca pubblicata sulla rivista scientifica JAMA Cardiology ha individuato che i livelli di microRNA “miR-124-3p”, frammenti genetici presenti nel sangue, possono predire gli esiti neurologici e la sopravvivenza dopo l’arresto cardiaco. Confrontando i dati di 579 pazienti, lo studio ha dimostrato che chi aveva livelli più alti di questo microRNA ha avuto una prognosi peggiore rispetto a chi aveva livelli più bassi. Non solo, anche la minore sopravvivenza era correlata a livelli più elevati di questo microRNA.

Gualtiero Colombo

Lo studio è interessante - commenta Gualtiero Colombo, Responsabile dell’Unità di ricerca di Immunologia e Genomica Funzionale del Monzino - perché apre la nuova prospettiva di poter prevedere il rischio di un esito infausto o con disabilità permanente dopo arresto cardiaco. Se si dimostrasse che questo microRNA è associato a un’azione dannosa in questi pazienti, si può ipotizzare che un trattamento antagonizzante mirato possa avere effetti benefici.

Ma al momento occorre ancora cautela: il lavoro dei colleghi europei - chiarisce Colombo - è un sottostudio di una ricerca più ampia. Andranno quindi disegnati nuovi studi appositamente per dimostrare l’utilità prognostica di questo microRNA circolante in coorti di pazienti più ampie. Si tratta comunque di un filone di ricerca molto promettente.

Il valore dei microRNA come biomarcatori - e cioè sostanze biologiche che possono essere usate come indicatori di una malattia, del suo esito o della sua risposta alla terapia - è attualmente oggetto di studi approfonditi da diversi gruppi di ricerca, compreso il nostro. Al Centro Cardiologico Monzino stiamo per esempio lavorando a un progetto innovativo che ci consentirà di riclassificare il rischio dei pazienti di sviluppare una malattia coronarica, in base a specifiche "firme" molecolari di microRNA e geni circolanti nel sangue.

Dr. Gualtiero Colombo