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Ma le aritmie si possono trattare con l’adroterapia?

Una tecnica non invasiva sperimentata su modelli animali in Germania utilizza fasci di particelle ionizzate accelerate quale trattamento ablativo. In attesa di risultati clinici, la ricerca del Monzino sperimenta un’innovativa tecnologia per il mappaggio senza catetere.

19 Febbraio Feb 2017 0000 7 years ago

L'ablazione trans-catetere, con energia a radiofrequenza o con criotermia, è senza dubbio un’opzione efficace, sicura e consolidata per il trattamento della fibrillazione atriale e della tachicardia ventricolare, anche se i tassi di successo non sono ancora ottimali.

Un gruppo di ricercatori del Center for Heavy Ion Research di Darmstad in Germania ha ora messo a punto una tecnica che utilizza fasci di particelle ionizzate accelerate quale trattamento ablativo. L'ipotesi di lavoro è che questa tecnica, – nota come adroterapia e fino a oggi impiegata con successo nel trattamento oncologico in oltre 15.000 pazienti, – possa essere usata per indurre lesioni fibrotiche croniche nel tessuto miocardico allo scopo di interrompere localmente la conduzione con effetto antiaritmogeno.

L’adroterapia utilizza protoni e ioni caricati (mediante acceleratore di particelle) di energia cosiddetta “forte” (dal greco adrós, forte), e proiettati poi sul bersaglio, dove rilasciano tale energia a una distanza ben precisa dalla sorgente. Le proprietà fisiche intrinseche di queste particelle permettono di conformare la dose “intorno al bersaglio” con maggiore precisione: il fascio di ioni pesanti (generalmente ioni carbonio) è soggetto a una limitata dispersione laterale nell'attraversamento dei tessuti, riducendo potenzialmente al minimo il danno ai tessuti circostanti, e la dose di energia erogata al tessuto è elevata solo nella porzione distale del tragitto del fascio, dove raggiunge il suo picco massimo (picco di Bragg). La profondità di penetrazione del fascio è regolata variando l'energia iniziale delle particelle (in questo studio da 25 a 50 Grey, Gy), risparmiando così i tessuti posteriori. L'irradiazione può essere monitorata con PET (Positron Emission Tomography).

In un primo studio di fattibilità sul cuore, condotto in situ su 17 modelli animali, gli Autori di Darmstad hanno effettuato l'ablazione con l'interruzione cronica della propagazione dell'impulso in diversi siti con questa tecnica. L’utilizzo di questa tecnica per il trattamento delle aritmie, – che richiede una tecnologia complessa e costosa, – sembra aver dato risultati positivi, al punto che in alcuni centri in Germania e negli Stati Uniti stanno partendo i primi studi sui pazienti.

In attesa che gli studi clinici confermino che gli ioni sono efficaci nella fase dell’ablazione, la loro precisione deve però ancora migliorare di molto. E in ogni caso avremo pur sempre bisogno di uno strumento per la fase preliminare, vale a dire quella della mappatura elettro-anatomica. In questo ambito, la tecnologia ‘tradizionale’ sta comunque andando avanti. Al Monzino, per esempio, abbiamo messo a punto un metodo completamente non invasivo per mappare il cuore senza l’ausilio di cateteri, con una maglietta che ha 250 elettrodi applicati sul petto.

Prof. Claudio Tondo, Coordinatore Area Aritmologia del Monzino

Riferimenti

  1. Lehmann HI et al. Feasibility Study on Cardiac Arrhythmia Ablation Using High-Energy Heavy Ion Beams. Sci Rep 2016;6:388-395.


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