Fasci di particelle per curare le aritmie?
La ricerca va avanti. Un commento del Prof. Claudio Tondo
Trattare i disturbi del ritmo cardiaco con fasci di ioni di carbonio che irradiano il punto preciso del cuore in cui ha origine l’aritmia. Non è una strada del tutto inesplorata per la medicina. In oncologia, per esempio, esiste da tempo l’adroterapia che utilizza fasci di ioni di carbonio per trattare i tumori; in cardiologia invece questo scenario è ancora nuovo, almeno fino a oggi.
Gli ioni di carbonio sono particelle in grado di rilasciare la loro energia a una distanza ben precisa dalla sorgente, distanza che può essere regolata in base al paziente e alla conformazione del suo torace e del suo cuore. Il principio di fondo è che il fascio di ioni sia in grado di agire con precisione anche in aree molto delicate dell’organismo.
La sperimentazione di questa tecnica per il trattamento delle aritmie, messa a punto dal Gsi Helmholtz Center for Heavy Ion Research di Darmstad in Germania, fino ad ora è stata condotta su animali e ha dato risultati positivi al punto che in alcuni centri in Germania e negli Stati Uniti stanno partendo i primi studi sui pazienti.
Oggi l’intervento per trattare i disturbi del ritmo cardiaco viene eseguito con il mappaggio elettroanatomico del cuore, con cui si identificano le aree in cui si innesca l’aritmia, e l’ablazione. Con questa procedura, di tipo mininvasivo, si raggiunge il cuore grazie a un catetere introdotto per via venosa e si agisce sull’area malata utilizzando le radiofrequenze o il freddo (in questo caso si parla di crioablazione), isolando così il tessuto che genera l’aritmia dal resto del cuore.
"Se gli studi confermeranno che gli ioni sono efficaci nella fase dell’ablazione, la loro precisione deve comunque migliorare di molto", commenta il Prof. Claudio Tondo, Responsabile dell'Aritmologia del Monzino, sulle pagine del quotidiano Repubblica. "E in ogni caso - continua - avremo pur sempre bisogno di uno strumento per la fase preliminare, vale a dire quella della mappatura elettroanatomica. Anche in questo ambito però la tecnologia sta andando avanti. Abbiamo messo a punto, per esempio, un metodo per mappare il cuore senza cateteri, con una maglietta che ha 250 elettrodi applicati sul petto".