Come curiamo le ostruzioni della carotide
Piero Montorsi, Responsabile UO Cardiologia interventistica 2 del Monzino, illustra i progressi compiuti nel campo del trattamento delle stenosi carotidee, che consentono tempi procedurali più brevi e un più rapido recupero del paziente.
La malattia aterosclerotica è caratterizzata dalla presenza di accumuli di lipidi (per lo più colesterolo), rivestiti da un cappuccio fibroso (le placche ateromasiche) nella parete interna dei vasi arteriosi. Le placche causano un progressivo restringimento del lume del vaso sanguigno, e possono essere presenti non solo a livello delle arterie coronarie (che irrorano il muscolo cardiaco) ma anche delle arterie periferiche. Tra queste, particolare importanza per il rischio a livello cerebrale, vi sono le arterie carotidi.
Qui, le placche possono infatti causare l'ostruzione del vaso, con una riduzione dell'apporto di sangue al capo e al cervello. Non solo: la presenza di una placca all'interno dell'arteria altera il flusso sanguigno che può diventare turbolento. Anche a casusa di questa turbolenza, la placca stessa può fissurarsi o rompersi, con successiva formazione di un trombo che, trasportato dalla circolazione, può occludere uno dei vasi delle arterie cerebrali, provocando uno dei più temuti eventi vascolari acuti, vale a dire l'ictus cerebrale o, nei casi meno gravi, un'ischemia cerebrale transitoria.
Questa condizione decorre molto spesso silenziosa per lungo tempo. Il trattamento della stenosi carotidea asintomatica, vale a dire che non ha mai causato disturbi quali un deficit neurologico correlato alla stenosi, dev'essere scelto con cautela. Le linee guida internazionali consigliano di procedere a una rivascolarizzazione, mediante angioplastica e introduzione di uno stent, per mettere in sicurezza l'area della carotide interessata dalla presenza della placca.
"Da parecchio tempo, al Monzino, trattiamo le patologie dell’arteria carotide con angioplastica e impianto di stent. I risultati sono molto soddisfacenti: i pazienti sono ben curati e possiamo dire che, a distanza di parecchi anni dall'intervento (anche più di dieci anni), la terapia è effettivamente curativa".
Ciò che facciamo solo noi al Monzino, con l’esperienza più grande in Italia e tra le più grandi in Europa, è di eseguire l’angioplastica della carotide non dalla via tradizionale della gamba, ma dal braccio, cioè dall’arteria radiale, cosa che facciamo abitualmente per le coronarie. Questo ci permette di ottenere risultati sempre buoni, di terminare la procedura prima, di far alzare il paziente prima dal letto, con suo beneficio e comfort, e di mantenere uno standard elevato.