Angioplastica coronarica: di che si tratta e quando è indicata?
Lo spiega il professor Antonio Bartorelli
Il Centro Cardiologico Monzino è ancora una volta al primo posto nella classifica dei centri migliori d’Italia per le angioplastiche coronariche: è questo il risultato dell'analisi di Dove e Come Mi Curo, portale nato con lo scopo di informare i cittadini sugli ospedali più efficienti del Paese per le principali malattie. L’angioplastica coronarica, per cui il Monzino spicca in Italia con le sue 1.954 procedure eseguite (dati Piano Nazionale Esiti 2017), è l’intervento di riferimento in caso di infarto. Se eseguita tempestivamente può essere considerata una procedura salvavita e ha contribuito a ridurre la mortalità per infarto di oltre quattro volte.
Di che si tratta esattamente? Quando è indicata e in che termini si differenzia dal by-pass? Spiega tutto il professor Antonio Bartorelli, coordinatore della Cardiologia Interventistica del Monzino, in questa intervista realizzata con Dove e Come Mi Curo.
Cos’è e quando è indicata un’angioplastica coronarica?
L'intervento di angioplastica consiste nella dilatazione di un restringimento di un’arteria coronarica - causato da una placca aterosclerotica - per mezzo di un catetere a palloncino gonfiato al suo interno. Indicazioni principali all’intervento sono la presenza di ostruzioni coronariche, che riducono l'apporto di sangue al muscolo cardiaco, e l’infarto miocardico, causato dall’occlusione acuta di una coronaria.
In genere si associa l’angioplastica all’impianto di stent. Di che si tratta?
Sì, questa procedura è quasi sempre associata all’impianto di uno stent, una minuscola protesi metallica che viene espansa all’interno della coronarica per perfezionare il risultato. Una svolta in questo campo è arrivata nel 2002, con l'introduzione degli stent medicati - oggi alla terza generazione – che hanno ridotto la ristenosi - cioè il riformarsi del restringimento nello stesso punto - dal 30% al 3-4%, migliorando notevolmente gli esiti.
È oggi considerata un intervento salvavita?
Un’angioplastica, se eseguita tempestivamente, può sicuramente essere considerata una procedura salvavita, avendo contribuito a ridurre la mortalità di oltre 4 volte. Per quanto concerne l’infarto, è sicuramente il trattamento “gold standard” in tutti i pazienti.
Che differenza c’è tra angioplastica coronarica e bypass aorto-coronarico?
La prima, come spiegato poc’anzi, mantiene adeguatamente dilatata un’arteria in cui si è creato un restringimento in modo da consentire il passaggio del sangue ossigenato verso il miocardio. Il secondo, crea una via alternativa attraverso cui il sangue ossigenato può arrivare al cuore. Entrambi, dove ci sia il rischio di ostruzioni delle arterie coronariche, possono scongiurare un infarto miocardico. I formidabili progressi tecnologici che l’hanno interessata, uniti ai miglioramenti delle terapie farmacologiche post-intervento e all’esperienza degli operatori, hanno permesso di ridurre progressivamente il ricorso al bypass aortocoronarico. Quest'intervento cardiochirurgico è ancora utilizzato nelle patologie ostruttive più gravi delle coronarie o quando si rende necessario sostituire una valvola cardiaca con una protesi.
Come individuare l’ospedale dove sottoporsi all’intervento?
È noto da tempo come vi sia una correlazione diretta tra il numero degli interventi annui, gli esiti positivi e la riduzione delle complicanze. Questa regola vale anche per l’angioplastica coronarica, soprattutto nei casi più gravi, sia dal punto di vista clinico, se si verifica ad esempio un infarto miocardico acuto, sia da quello anatomico, in presenza di lesioni coronariche complesse. Altri indicatori da considerare sono la mortalità a 30 giorni dall’intervento, le cui percentuali sono oggi rese disponibili dall’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali AGENAS (presenti anche sul portale www.doveecomemicuro.it), la percentuale di complicanze e la necessità di reinterventi, da correlare alla complessità dei pazienti.