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Proteggere gli ipertesi dai danni d'organo

17 Ottobre Ott 2016 0000 8 years ago

Si appena concluso al Centro Cardiologico Monzino un evento formativo dedicato alla “Terapia antialdosteronica”, un trattamento aggiuntivo indicato per i pazienti con ipertensione essenziale, non più controllati dalla cosiddetta “terapia di prima linea” a base di Ace-inibitori o sartani più diuretico tiazidico.

«I farmaci antipertensivi antialdosteronici sono già in commercio da anni» - ha spiegato Piergiuseppe Agostoni, responsabile dell'Area di cardiologia critica del Monzino. «Sono attivi sulla regolazione degli elettroliti a livello renale e presentano una peculiarità unica: una riduzione del processo di fibrosi, associata a una diminuzione del collagene, con effetti favorevoli sulla meccanica di cuore, reni e polmoni malati. Per questo negli ultimi 10 anni il loro impiego nei pazienti con scompenso cardiaco è aumentato dal 10% al 50% circa. E in futuro è destinato a crescere ulteriormente».

«La terapia antialdosteronica non va sottovalutata nel trattamento dell’ipertensione come terapia di seconda linea proprio per “l’effetto scudo” che esercita sugli organi bersaglio della pressione alta: cuore, reni e polmoni», ha sottolineato Maria Antonietta Cicoira, professore associato di Cardiologia all’Università degli Studi di Verona, intervenuta nel Congresso, evidenziando come la corretta somministrazione di questi farmaci si traduce in salute per i pazienti ipertesi e i loro organi vitali, nonché in risparmi per il Servizio sanitario nazionale.