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Oltre lo sport, oltre la quota

Il Monzino accompagna l’atleta paralimpico Luca Galimberti sul Monte Bianco

8 Settembre Set 2016 0000 8 years ago
  • Massimo Mapelli, Carlo Vignati

“Scriviamo da una finestra affacciata sul tramonto sul massiccio della cima del Bianco. Al rifugio Torino Nuovo (3500 metri sul livello del mare) tutto bene, il tempo è splendido e la saturazione di emoglobina a riposo pericolosamente vicina all'80%”. Sono le parole di Massimo Mapelli e Carlo Vignati, i medici del Monzino che hanno accompagnato sul Monte Bianco l'atleta paralimpico Luca Galimberti, per tenere monitorati i suoi parametri cardiovascolari durante la sua impresa più recente: la salita sul ghiacciaio del Bianco fino al Col des Flambeaux, all’ombra del Dente del Gigante.

Luca Galimberti, classe 1973, è un atleta in diverse discipline, tra cui nuoto, canoa, kayak, arrampicata sportiva, sci alpino e alpinismo. All’età di 16 anni scopre di avere una malattia genetica rara, l’Adrenoleucodistrofia, e il Morbo di Addison, una malattia endocrina. «Da quando i sintomi della malattia sono diventati più evidenti, la voglia di reagire è diventata la mia linea guida» afferma Luca. Una voglia di reagire che si è espressa proprio attraverso lo sport: «l’attività fisica - sottolinea - permette di superare quasi tutti gli ostacoli, e per le persone che hanno delle disabilità questa spinta diventa ancora più forte, ancora più potente».

Luca in mezzo a Massimo Mapelli e Carlo Vignati al Monzino, durante i test eseguiti prima della spedizione

Un momento della salita di Luca sul Monte Bianco

«Luca è un atleta formidabile oltre che una persona eccezionale da un punto di vista umano -dichiarano i due medici del Centro Cardiologico - Il suo cuore, funzionalmente perfetto agli esami basali eseguiti presso il nostro Centro prima della partenza, si è comportato in maniera eccellente anche sottoposto a due importanti eventi “stressanti”: l’esercizio fisico intenso e l’alta quota. Anche la "testa" ha retto in maniera egregia nonostante la pressione psicologica».

«Abbiamo approfittato di questa occasione anche per portare in un ambiente estremo delle magliette Hi-Tech che stiamo studiando e che permettono un monitoraggio prolungato di vari parametri cardio-respiratori, incluso la saturimetria e un ECG a 12 derivazioni», sottolineano Massimo Mapelli e Carlo Vignati.

La montagna e soprattutto l’alta quota sono un ambiente ostile per l’uomo non solo per cause ambientali, ma anche e soprattutto per la bassa pressione di ossigeno nell’aria. Le popolazioni che da secoli vivono in alta quota hanno sviluppato modificazioni del genoma e del fenotipo che ne hanno facilitato la sopravvivenza.

Piergiuseppe Agostoni

«In realtà - continua il Prof. Agostoni, coordinatore dell’Area di Cardiologia Critica del Monzino - ognuno di noi dopo un periodo di acclimatamento migliora la propria capacità di sopravvivenza e di compiere esercizio in quota. Il nostro corpo, infatti, è in grado di attivare molti meccanismi per compensare la ridotta quantità di ossigeno disponibile. Per questo per i soggetti sani ma anche, come nel caso di Luca, per le persone con diverse patologie incluse quelle cardiovascolari è possibile andare in alta quota. Però è necessario farsi valutare prima per ridurre al minimo i rischi e poter godere nel soggiorno in montagna che, oltre ad essere bello può fare molto bene allo spirito e al corpo».