Studio di fattori cellulari e molecolari che contribuiscono alla patogenesi della cardiomiopatia aritmogena
Unità di Biologia vascolare e Medicina rigenerativa. Responsabile Giulio Pompilio
La cardiomiopatia aritmogena (ACM) è una patologia genetica che causa frequentemente morte cardiaca improvvisa in giovani e atleti. È causata da mutazioni nel DNA, che provocano, con modalità fino ad oggi non chiare, atrofia delle cellule contrattili del cuore e la comparsa di grasso e fibrosi. Tali alterazioni determinano cortocircuiti elettrici nel cuore che, contraendosi ad un ritmo frenetico e disordinato, ne impediscono la corretta funzionalità fino a causarne l’arresto.
- Nel 2016 la nostra Unità ha individuato nelle cellule stromali cardiache la componente cellulare responsabile del deposito adiposo cardiaco. Queste cellule vengono oggi utilizzate come modello di studio della patologia.
Le cellule mesenchimali stromali cardiache ottenute da biopsie di pazienti con cardiomiopatia aritmogena sono più predisposte all’accumulo lipidico (in rosso) rispetto a cellule ottenute da controlli. Da: Sommariva et al., EHJ, 2016.
- Successivamente abbiamo dimostrato che le cellule stromali cardiache ACM rispondono agli stimoli pro-fibrotici in modo molto aumentato rispetto ai controlli sani. Un noto agente pro-fibrotico (il TGF-β1) è più abbondante sia nel plasma sia nel cuore dei pazienti ACM.
Il TGF-β1 porta a un aumento delle fibre da stress α-SMA positive nelle ACM C-MSC. Le C-MSC isolate da donatori (HC) e da pazienti affetti da ACM sono state stimolate, in terreno con basso siero, con TGF-β1 per 5 giorni in presenza o in assenza del trattamento con l’inibitore LY364947. Immagini rappresentative dell'immunocolorazione per αSMA. Scala 50 µm. La quantificazione è riportata come variazione rispetto ai non trattati. Da: Maione et al, Int J Mol Sci, 2021.
- Utilizzando principalmente le cellule stromali cardiache da pazienti ACM, ma poi validando i ritrovati anche su cardiomiociti derivati da iPSC e sul modello murino, abbiamo dimostrato un’influenza di dislipidemia e stress ossidativo sulla progressione della patologia. Questa scoperta ci ha portato a teorizzare che una riduzione del colesterolo ossidato, tramite agenti ipolipemizzanti, possa moderare la progressiva degenerazione miocardica ACM, e a dimostrare come prova di principio sul modello animale l’efficacia dell’atorvastatina.
Le mutazioni ACM sono necessarie ma non sufficienti per una manifestazione grave della malattia. Il contributo dei lipidi ossidati come nuovi cofattori e potenziali bersagli farmacologici è stato dimostrato con un approccio a più livelli (pazienti - in vitro - in vivo), che ha portato a un progresso nella conoscenza della patogenesi dell'ACM. Da: Sommariva et al, Embo Mol Med, 2021
- Dal momento che la causa genetica dell’ACM è elusiva in circa il 50-70% dei casi e che la malattia presenta un decorso variabile che potrebbe essere influenzato dalla genetica, con lo scopo di ampliare le limitate conoscenze sulla genetica dell’ACM, abbiamo caratterizzato sia dal punto di vista clinico che genetico una coorte di 82 pazienti affetti da questa cardiomiopatia. Per identificare mutazioni causative della malattia, abbiamo classificato varianti geniche rare, sia in geni associati all'ACM sia in geni legati ad altre patologie cardiovascolari, che meritano considerazioni future. Inoltre, per la prima volta, abbiamo valutato l'impatto delle varianti geniche comuni sulla gravità clinica dell'ACM, trovando diverse associazioni significative. In particolare, le varianti associate all'aritmia sembrano determinare un aumento del rischio di eventi aritmici durante il decorso della malattia dei pazienti.
Distribuzione dei portatori di varianti rare in geni associati all'ACM identificati nella nostra coorte, distinti in portatori di varianti patogenetiche (rosso) e portatori di varianti di significato incerto (grigio). Da: Lippi et al., Biomolecules, 2022.
Analisi di sopravvivenza che mostra come alcune varianti comuni un aumento del rischio di insorgenza di eventi aritmici maggiori durante il decorso malattia dei pazienti. Da: Lippi et al., Biomolecules, 2022.