Il rischio di ictus nei pazienti con fibrillazione atriale
Come si può ridurre? Lo spiega il Prof. Claudio Tondo, Direttore Dipartimento di Aritmologia
Il Professor Claudio Tondo, Direttore del Dipartimento di Aritmologia del Monzino, è intervenuto all’Atrial Fibrillation Symposium 2022, il più importante congresso mondiale sulla fibrillazione atriale che si è recentemente concluso a New York. Unico esponente di un ospedale italiano al Congresso, il Professor Tondo ha illustrato alla platea di cardiologi di tutto il mondo presenti, l’importanza dell’intervento di chiusura dell’auricola sinistra del cuore per ridurre il rischio tromboembolico associato alla fibrillazione atriale.
Di cosa si tratta esattamente e a chi è indicato? Lo spiega qui il Professor Tondo.
Fibrillazione atriale e rischio di ictus
La fibrillazione atriale (FA) è il disturbo del ritmo cardiaco più frequente: solo in Italia si contano più di 400.000 nuove diagnosi ogni anno. Oltre ad essere una delle cause principali dello scompenso cardiaco, questa aritmia espone chi ne soffre a un maggior rischio tromboembolico. Chi soffre di crisi ripetute di fibrillazione atriale può avere un rischio tromboembolico annuale anche di 5-6 volte più elevato rispetto alle persone con ritmo cardiaco regolare.
Qual è la causa della correlazione tra ictus e FA?
La fibrillazione atriale favorisce la formazione di coaguli del sangue (trombi) che, se entrano nella circolazione, rischiano di occludere un’arteria e provocare le cosiddette embolie arteriose periferiche, oppure un ictus se l’arteria occlusa è in corrispondenza del cervello. La grande maggioranza dei trombi che colpiscono i malati cronici di fibrillazione atriale originano proprio nell’auricola sinistra.
Cosa viene fatto per ridurre il rischio di ictus o embolie nei pazienti con fibrillazione atriale?
Come recentemente illustrato al convegno di New York, si può abbinare alla tradizionale procedura di ablazione transcatetere, che viene eseguita per “isolare” le porzioni del tessuto cardiaco responsabili dell’aritmia, anche la chiusura dell'auricola sinistra del cuore. Combinare questi due interventi rappresenta un importante passo avanti nella prevenzione dell’ictus in chi soffre di fibrillazione atriale cronica e viene proposto in particolare ai pazienti affetti da fibrillazione atriale in cui la terapia con farmaci anticoagulanti non risulta efficace, o genera complicanze emorragiche.
La chiusura dell’auricola come procedura salvavita
Per i pazienti con fibrillazione atriale, infatti, non sempre è possibile assumere la terapia anticoagulante permanente. Tale terapia, sebbene di provata efficacia, comporta un certo rischio di emorragie (circa il 5 per cento all’anno), pertanto chi è affetto, per esempio, da ulcere o presenta una storia di pregresse emorragie, non può assumere questo tipo di farmaci. Oppure ci sono anche pazienti più critici, esposti maggiormente al rischio di trombosi, per cui la terapia anticoagulante da sola si può rivelare una protezione non sufficiente. Per tutti questi casi l’intervento di chiusura dell’auricola sinistra è un’opzione terapeutica salvavita.
In cosa consiste la procedura
L’auricola sinistra è una piccola appendice in comunicazione con l’atrio sinistro del cuore. La sua chiusura avviene per mezzo di una procedura di cardiologia interventistica: grazie a un catetere, viene inserita una mini-protesi che assolve la funzione di “tappo”; in questo modo l’auricola viene chiusa, i coaguli non entrano nel circolo sanguigno e si abbatte il rischio di embolia o di ictus.
Si tratta di una procedura molto avanzata di cui al Monzino siamo precursori, con oltre 300 casi eseguiti, e risultati molto incoraggianti sia in termini di sicurezza che di efficacia.