Fibrillazione atriale: i trattamenti e le novità
La terapia deve essere su due fronti: il trattamento del disturbo del ritmo e la prevenzione del rischio trombotico.
La fibrillazione atriale è il disturbo del ritmo cardiaco più frequente, soprattutto tra gli anziani, e si stima sia responsabile di oltre un quarto degli ictus che ogni anno si verificano nel nostro Paese.
Il progetto FAI (Fibrillazione Atriale in Italia) ha studiato recentemente la frequenza di questa aritmia in un campione rappresentativo di popolazione anziana, e ne è emerso che ne soffrono circa un milione e 100mila anziani. Significa uno su 12, con una prevalenza più alta tra gli uomini e che aumenta con il progredire dell’età. Dal progetto FAI è emerso tuttavia anche che un paziente su tre non segue una terapia appropriata. Ma le possibilità terapeutiche per trattare la fibrillazione atriale sono molteplici, come spiega il Professor Claudio Tondo, Direttore del Dipartimento di Aritmologia del Monzino:
Il trattamento
Il trattamento della fibrillazione atriale si compone di due aspetti. Da un lato ci sono terapie indicate per prevenire e contrastare la fibrillazione atriale, come i farmaci antiaritmici o, se i sintomi sono persistenti e il paziente non risponde ai farmaci, l’ablazione, una procedura che elimina i circuiti elettrici responsabili della fibrillazione atriale. Dall’altro lato, si utilizzano i farmaci anticoagulanti, che non agiscono sui meccanismi dell’aritmia ma sulle sue conseguenze, la più temibile delle quali è il rischio tromboembolico.
Gli anticoagulanti di nuova generazione
Rispetto alla terapia anticoagulante oggi sono disponibili nuovi farmaci più maneggevoli perché non richiedono il frequente controllo dello stato di coagulazione del sangue con il test ematico, possono essere assunti senza temere interazioni con gli alimenti, e interferiscono in misura minore con altri farmaci, con il risultato di una maggiore aderenza alla terapia da parte dei pazienti. Questi anticoagulanti orali di “nuova generazione” sono efficaci come gli anticoagulanti tradizionali e danno una minore incidenza di eventi emorragici. Vengono prescritti dal cardiologo in base a un piano terapeutico valutando attentamente le condizioni del paziente.
E se la terapia anticoagulante è sconsigliata?
La terapia anticoagulante, sebbene di provata efficacia, comporta un certo rischio di emorragie (circa il 5 per cento all’anno), pertanto chi è affetto, per esempio, da ulcera, o presenta una storia di pregresse emorragie, non può assumerla. Per questi pazienti è oggi disponibile un intervento terapeutico che permette di scongiurare la formazione di trombi, e quindi il rischio di embolia o ictus: la chiusura dell’auricola sinistra (una piccola appendice, in comunicazione con l’atrio sinistro del cuore, in cui tendono a formarsi coaguli di sangue) con una mini-protesi che assolve la funzione di “tappo”. Si tratta di una procedura di cardiologia interventistica molto avanzata e con altissime percentuali di successo, in cui il Monzino è uno dei leader nazionali, con oltre 100 casi trattati.