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Alla ricerca di un algoritmo anti-COVID-19

Passare in sicurezza alla fase 2 della pandemia da COVID-19: che cosa viene prima, le date (per organizzare la “ripartenza”) o i dati (per impostare una prevenzione efficace)?

7 Giugno Giu 2020 0000 3 years ago

Il mondo è entrato nella pandemia da COVID-19 in disordine e con grande confusione. Ma, dopo una fase iniziale nella quale il virus si è mosso molto più rapidamente dei governi e dei cittadini, sembra ora che le misure di contenimento adottate stiano funzionando, almeno a giudicare dai dati più recenti su contagi, ospedalizzazioni e mortalità. Tuttavia, ci si muove ancora su un terreno instabile, non esattamente evidence based, soprattutto per quanto riguarda il rischio individuale.

José Pablo Werba e Fabrizio Veglia, – Responsabili rispettivamente dell’Unità di Prevenzione cardiovascolare e di Biostatistica del Monzino, – hanno di recente sottolineato su Global Heart [https://globalheartjournal.com/articles/10.5334/gh.813/], pubblicazione ufficiale open access della World Heart Federation, l’importanza e l’urgenza di sviluppare strumenti in grado di stimare tale rischio individuale per gestire così in sicurezza la cosiddetta fase 2.1

Come accade per un antibiotico a largo spettro, le misure collettive di contenimento hanno infatti degli effetti collaterali indesiderati. Sono soprattutto effetti di natura economica e sociale (ma anche psicologica) e il loro impatto sui sigoli cittadini e sulle società nel loro complesso è sotto gli occhi di tutti. Così, da una parte vi è chi teme il rischio di un vero e proprio collasso economico su scala planetaria. Dall’altra parte, vi è chi si preoccupa per la salute delle persone e per la tenuta dei sistemi sanitari. Ai primi servono date per organizzare la “ripartenza”, ai secondi servono dati in base ai quali impostare una strategia di prevenzione personalizzata efficace.

In particolare, stimare il rischio individuale di sviluppare una forma grave o addirittura mortale di malattia da COVID-19 permetterebbe di indirizzare meglio risorse e misure preventive per proteggere le persone e i gruppi a più rischio, proprio come avviene per il rischio cardiovascolare.

Numerosi studi pubblicati finora su pazienti ricoverati con infezione da COVID-19 hanno evidenziato un lungo elenco di fattori di rischio che potrebbero influire sulla gravità della malattia e sui decessi, tra cui malattie cardiovascolari e cerebrovascolari e diversi fattori di rischio cardiovascolari come diabete, obesità e ipertensione. Ma tutto sommato, non è ancora chiaro se il diabete, l'ipertensione e le malattie cardiovascolari siano causalmente collegati alle forme gravi di infezione da COVID-19 o siano associati in relazione all'età. Valutare il peso indipendente di ciascuno di tali fattori di rischio è, invece, essenziale per sapere, ad esempio, se un giovane paziente con diabete o asma ha un rischio simile o superiore rispetto ad altri pazienti della stessa età senza queste condizioni.

Un algoritmo per stimare il rischio pre-infettivo

Un algoritmo potrebbe consentire lo sviluppo di un tool utilizzabile dai medici o anche dai cittadini stessi per indirizzare misure preventive più stringenti ai soggetti a maggior rischio.

Peso ipotetico delle caratteristiche e delle condizioni di un soggetto sul rischio di gravità e decesso, indicato dalle diverse dimensioni e dal numero di ripetizioni delle caratteristiche stesse. Ma per definire il peso effettivo di ciascun fattore sono necessari ulteriori dati.

Al fine di costruire un tale algoritmo, capace di "pesare" correttamente le caratteristiche pre-infettive fondamentali associate allo sviluppo di forme gravi di malattia e alle loro possibili interazioni (età e comorbilità, ma anche forse etnia, latitudine, habitat urbano o rurale, condizioni socio-economiche, ecc.) (vedi figura), sarebbe necessario riunire i dati grezzi di diverse coorti e condurre analisi multivariate approfondite e omogenee su campioni sufficientemente ampi.

Ma sono disponibili questi dati? E le agenzie sanitarie internazionali stanno effettivamente raccogliendoli e mettendoli in comune tra paesi?

La risposta sembra essere negativa a entrambe le domande. Sebbene l'attività definita come "revisione retrospettiva dei ricoveri ospedalieri per identificare i fattori di rischio per malattie gravi" sia dichiarata una priorità di ricerca in un documento dell'OMS,2 essa non è elencata tra le azioni globali in corso. Eppure, durante una pandemia, le agenzie sanitarie internazionali dovrebbero avere accesso ai dati demografici e clinici dei pazienti affetti nelle diverse regioni del mondo. Altrimenti, la raccolta e l'analisi dei dati e la creazione di strumenti per la stima del rischio dipenderebbero necessariamente solo da sforzi nazionali o locali. Che produrrebbero inevitabilmente risultati parziali.

Sono state pubblicate recentemente linee guida per la cura dei pazienti infetti da COVID-19. È auspicabile che le attuali lacune conoscitive in termini di rischio individuale e collettivo siano colmate il più presto possibile, per consentire l’elaborazione di linee guida per la prevenzione dell'infezione da COVID-19 nella comunità. È questa la chiave per far ripartire l’economia salvaguardando al contempo la vita delle persone.


Riferimenti
1. Werba JP, Veglia F. Moving Safely to Phase 2 of the COVID-19 Pandemic: What Is More Pressing, Dates or Data? Global Heart 2020; 15(1): 39.
2. WHO. A coordinated global research roadmap: 2019 novel coronavirus.2020. R&D Blueprint march 2020. (Scarica il pdf del documento)