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Fibrillazione atriale e ictus, una relazione pericolosa

13 Ottobre Ott 2016 0000 8 years ago

Con circa 500 mila casi in Italia e 60mila nuove diagnosi ogni anno, la fibrillazione atriale è il disturbo del ritmo cardiaco più diffuso e se ne sente parlare spesso. Tuttavia ancora in pochi conoscono veramente quali rischi comporta.

«La fibrillazione atriale non è pericolosa di per sé. Il vero pericolo è rappresentato dalle sue complicanze, a partire dall’ictus cerebrale» - spiega il Prof. Claudio Tondo, coordinatore dell’area di Aritmologia del Monzino.

Cosa c’entra la fibrillazione atriale con l’ictus?

Nella fibrillazione atriale il cuore, battendo in maniera irregolare, non riesce a pompare bene il sangue, che tende così a ristagnare nell’atrio formando dei coaguli (o trombi). Se questi si distaccano ed entrano nel circolo sanguigno, possono occludere le arterie causando un’embolia arteriosa periferica o, quando ciò si verifica in corrispondenza di un’arteria del cervello, possono provocare un infarto cerebrale (ictus). Un obiettivo della terapia per i pazienti con fibrillazione atriale è dunque prevenire l’ictus, impedendo la formazione di trombi.

Il 20 per cento degli ictus è legato alla fibrillazione atriale e la grande maggioranza dei trombi che colpiscono i malati cronici di questa aritmia originano nell’auricola sinistra, una piccola appendice collegata all’atrio sinistro del cuore.

Come si interviene?

Per rendere il sangue più fluido e ridurre il rischio trombo-embolico ci sono i farmaci anticoagulanti. Non sempre però è possibile assumerli. Sebbene di provata efficacia, la terapia anticoagulante comporta un certo rischio di emorragie, pari a circa il 5 per cento all’anno. Perciò chi è affetto, per esempio, da ulcera o presenta una storia di pregresse emorragie non può assumere questi farmaci: un terzo dei malati che hanno indicazione alla terapia anticoagulante si trovano poi costretti a sospendere la cura.

Per tutti questi pazienti si può contrastare il rischio di ictus con l’intervento di chiusura dell’auricola sinistra, una procedura di cardiologia interventistica che permette di isolare l’auricola con una mini protesi che assolve la funzione di “tappo”. Si tratta di una tecnica molto avanzata e con altissime percentuali di successo, di cui il Monzino è un riferimento nazionale.