Fibrillazione atriale, nuovo studio dimostra l’efficacia del "freddo"
I risultati presentati al Congresso della Società Europea di Cardiologia
Sono stati presentati al Congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC), che si è concluso a Roma mercoledì 31 agosto, i risultati dello studio clinico “FIRE AND ICE” sull’efficacia della crioablazione nei pazienti con fibrillazione atriale parossistica.
La crioablazione è una tecnica ablativa che utilizza il freddo. La procedura, di tipo mininvasivo, consiste nell’introdurre per via venosa un palloncino all’interno delle vene polmonari che viene poi gonfiato e raffreddato a circa -40° per 3 minuti. Si produce così una sorta di “ibernazione” dell’area malata che viene isolata dal resto del cuore.
I vantaggi di questa tecnica, rispetto a quella classica con radiofrequenza, sono una maggiore rapidità della procedura mantenendo gli stessi standard di efficacia e sicurezza dell’approccio tradizionale. Tra i partecipanti allo studio, il Professor Claudio Tondo, Coordinatore dell’Unità di Aritmologia del Centro Cardiologico Monzino.
Lo studio FIRE and ICE rappresenta la più importante analisi randomizzata di confronto tra la tecnica crioablativa e quella convenzionale a radiofrequenza nel trattamento di pazienti sintomatici per fibrillazione atriale parossistica. Lo studio dimostra un’efficacia clinica quantomeno paragonabile tra le due metodiche, ma sottolinea come la crioablazione possa costituire un approccio più rapido e semplificato
Con circa 400.000 pazienti in Italia e 60 mila nuovi casi ogni anno, la fibrillazione atriale è il disturbo del ritmo cardiaco più diffuso nella popolazione, anche giovane, e rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio per l’ictus. Chi soffre di fibrillazione atriale sente il ritmo del cuore diventare accelerato, caotico, e può provare palpitazioni, stordimento, fiato corto, difficoltà respiratorie. Talvolta tuttavia il disturbo è asintomatico, e il paziente si ritrova a convivere con un rischio trombo-embolico elevato senza saperlo.
«Credo non ci sia abbastanza coscienza di quanto la fibrillazione atriale aumenti il rischio di incorrere in un episodio trombo-embolico, per questo non dobbiamo stancarci di ripeterlo», sottolinea il Prof. Tondo. E aggiunge: «Chi soffre di crisi recidivanti di fibrillazione atriale può avere un rischio tromboembolico annuale anche di 5-6 volte più elevato rispetto a soggetti in ritmo cardiaco regolare. Pertanto, la documentazione e il possibile trattamento tempestivo della fibrillazione atriale, assume una notevole rilevanza clinica e sociale».
L’intervento di ablazione è particolarmente indicato per i pazienti cosiddetti giovani - vale a dire al di sotto dei 65 anni - per i pazienti sintomatici e per tutti coloro che non hanno risposto positivamente alla terapia farmacologica. L'Unità di Aritmologia del Centro Cardiologico Monzino esegue ogni anno oltre 2.000 procedure di ablazione e, prima in Italia, ha messo a punto un percorso specifico dedicato alla fibrillazione atriale, anche per i casi cronici e recidivanti.